il tuppo c'è, ma non si vede

domenica 26 giugno 2011 0 commenti




Volevo fare le brioche siciliane con il tuppo. Ora, il tuppo non m'è venuto, è stato inglobato dalla brioscia medesima, ma il primo morso mi ha riportato alla mente decine di colazioni catanesi. Un effetto madeleine che mollalo.
La ricetta l'ho trovata qui. Io ovviamente l'ho adattata per il licoli e ho dimezzato le dosi.

ingredienti: 100 g licoli rinfrescato e spumoso
200 g di farina 0
45 g di zucchero
40 g di strutto
50 g latte
la scorza di mezzo limone
1 uovo + mezzo tuorlo (serve per spennellare la brioscia)
un pizzico di sale

In una ciotola capiente sciogliete il licoli nel latte, mischiando con le fruste. Aggiungete l'uovo, lo zucchero e la scorza di limone. Non sbattetevi troppo, li dovete solo amalgamare per bene. Risparmiate le forze per l'impasto.
Aggiungete la farina, date un'impastatina veloce, giusto perché assorba tutto il latte, e rovesciate tutto sulla spianatoia. A questo punto iniziate a impastare sul serio. Datevi da fare per una decina di minuti e quando l'impasto è bello liscio iniziate ad aggiungere lo strutto, un po' per volta, facendolo assorbire bene tra un passaggio e l'altro. Ci vorranno altri 10 minuti, più o meno. Aggiungete il pizzico di sale (io lo spargo direttamente sulla spianatoia), impastate ancora 5 minuti. Dovrete ottenere una consistenza morbida ma non appiccicosa.
Imburrate una ciotola piuttosto grande (l'impasto dovrà quasi raddoppiare), metteteci la vostra futura brioche, infilatela in forno coperta con della pellicola e uno straccio, perché le danno noia sia le correnti d'aria che la luce. È viziata, che ci dobbiam fare? Lasciatela lì (se fa freddo lasciate la luce accesa) qualche ora, finché l'impasto non è quasi raddoppiato.
Prendete il tutto, rovesciatelo sulla spianatoia leggermente infarinata, dategli una forma vagamente salsiccioide, dividetelo in 5 pezzi. L'ultimo pezzo (il quinto) dividetelo in quattro. Avrete quattro pezzi grandi e quattro pezzi piccoli, che sono il vostro tuppo.
Ora procedete con la formatura, seguendo religiosamente le istruzioni di Paola di Anice e Cannella, che lo spiega molto meglio di come potrei fare io.
Foderate una teglia di carta forno, imburratela e disponete le vostre briochine ben distanziate, perché cresceranno ancora. Copritele con della pellicola (ben unta, mi raccomando) e rimettetele in forno a lievitare un'altra ora e mezza circa.
Passato questo tempo prendete la vostra teglia con il suo preziosissimo carico, mettetela in un angolo ben riparato da correnti d'aria, e accendete il forno a 200°.
Mentre si scalda preparate una miscela di tuorlo e latte (stesso volume, più o meno, dev'essere molto liquido) e spennellatelo sulle brioche. Quando avrà raggiunto la temperatura infornate le brioche e abbassate subito a 180°. Lasciatele cuocere una ventina di minuti o finché la base e la superficie non sono ben dorate. Fatto, sono pronte. Lasciatele raffreddare sulla gratella e assaggiatene una ancora tiepida, ché sono buone, fidatevi. 
Diventano morbidissime, una roba commovente. Se avessi una gelateria siciliana vicino a casa mi ci fionderei ORA. 
Comunque la prossima volta il tuppo provo a metterlo a fine lievitazione, così magari non si spatascia.



NOTE
1_Nella foto noterete che ci sono 3 brioche con il tuppo e una più piccola con un accenno di treccia. Ecco, è un mio errore, però era tanto bellina.
2_Queste brioche sono molto grandi. Io me le ricordavo così, però nulla vi vieta di farle più piccine. Infatti mi sa che la prossima volta l'impasto lo divido in sei.
3_Noterete anche la presenza di un pancarrè. La prossima volta parliamo anche di quello, perché è un capolavoro.

4_La miscela di tuorlo e latte che vi avanza non buttatela! Io l'ho usata per fare una frittatina che mangerò domani, con l'albume che non ho usato e un po' di erbette fresche.
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#8 - io, spacciatrice di pasta madre

mercoledì 22 giugno 2011 2 commenti



pastamadre.net è una comunità che 


 "riunisce al suo interno consumatori, co-produttori, ma anche agricoltori, mugnai e panificatori, con l'obiettivo di lavorare assieme per migliore la qualità del pane che tutti i giorni portiamo sulle nostre tavole."


Aderendo si entra a far parte del gruppo e si viene segnalati su una mappa insieme ad altri 150 spacciatori disposti a scambiare o dare in adozione la propria piccola.
Personalmente mi sembra un'idea geniale e sono molto curiosa di vedere come funziona, se qualcuno mi contatterà, le iniziative che verranno organizzate (per il momento gli unici corsi sono stati organizzati a Bologna). Finalmente potrò togliermi la curiosità e vedere come si comportano le bimbe degli altri.

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#7 – autoproduco TUTTO! (prima parte)

sabato 18 giugno 2011 2 commenti
Poi, dopo che avevo detto che mi ero seduta sugli allori, questa settimana invece mi son data da fare.
E visto che impatto zero significa anche acquistare meno, acquistare meglio mi sono dedicata all'autoproduzione, e ho scoperto che, per esempio, in cucina gli ingredienti veramente indispensabili sono poi pochi. 
La farina, per esempio.
Con la farina 2 ho preparato il pane che ho mangiato per tutta la settimana.
Con la farina integrale ho preparato una torta alle carote e zenzero buona da non crederci.
Con la farina 0 ho preparato una pizza (tre pizze in realtà) napoletane praticamente perfette, con un cornicione da paura.
Con un impasto di farina di riso e burro di karité mi son fatta lo scrub.
Con la farina di ceci, come insegna Vita a impatto 1, mi son lavata i capelli.
Poi, il latte.
L'altro giorno ho comprato due litri di latte crudo biologico dal mio spacciatore ufficiale di delizie, l'ho pagato 1 euro la bottiglia e ora ho in casa una bottiglia di yogurt da 700 ml (circa), una formaggio tipo primo sale delicatissimo, una ricotta cremosa. Con due euro e, in totale, circa mezz'ora di lavoro. Ma scherziamo? 
E più leggo in giro più scopro un universo di cose che si possono tranquillamente fare in casa. Il dispendio di tempo, che comunque non è mica molto, meno di quanto uno creda, se si pensa che io comunque son fuori casa dodici ore al giorno e il tempo lo trovo comunque, basta che mi organizzi, il dispendio di tempo, dicevo, anche se non è molto viene completamente ripagato dalla soddisfazione, perché vuoi mettere il piacere di mangiare un formaggio (ok, va bene, ufficialmente non è un formaggio) fatto in casa? E dal controllo ASSOLUTO della filiera.
Poi dopo vi metto le ricette. 

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il mistero del licoli

martedì 14 giugno 2011 0 commenti


È successo che il licoli, dopo un primo periodo in cui mi faceva lievitare anche i sassi, s'è seduto sugli allori e ha iniziato a produrmi dei pani bassi, ma bassi che sembravan focacce.
I primi pani si gonfiavano che erano una meraviglia, pensavo di aver trovato l'equilibrio perfetto, morbidi, profumati, perfettamente lievitati. Come mai, mi son chiesta? Secondo me non lo rinfresco abbastanza, mi son risposta.
Così ho adottato la linea dura, anzi, durissima.
Mi sono tenuta 30 grammi di licoli che lascio fuori dal frigorifero e rinfresco tutti i giorni sciogliendolo con 10 grammi di acqua e aggiungendo 10 grammi di farina 0. Tutto questo fino a venerdì (il giorno prima di panificare), quando rinfresco il superlicoli con 40 grammi di farina e 40 di acqua.
Così inizio a rinfrescare il sabato e il venerdì successivo ho 230 g di licoli bello attivo.
In pratica faccio così:


sabato
30 licoli rinfrescati con 10 g di acqua e 10 g di farina
domenica
50 g di licoli rinfrescato con 10 g di acqua e 10 g di farina
lunedì
70 g di licoli rinfrescato con 10 g di acqua e 10 g di farina
martedì
90 g di licoli rinfrescato con 10 g di acqua e 10 g di farina
mercoledì
110 g di licoli rinfrescato con 10 g di acqua e 10 g di farina
giovedì
130 g di licoli rinfrescato con 10 g di acqua e 10 g di farina
venerdì
150 g di licoli rinfrescato con 40 g di acqua e 40 g di farina
sabato
prelevo 200 g di licoli e panifico
rinfresco di nuovo i 30 g di licoli, come il sabato precedente. E si ricomincia.
Sembra uno sbattimento, ma in realtà si traduce tutto in 3 minuti al giorno di fruste.


Il risultato è che il primo impasto per il pane (ne faccio due successivi, poi vi spiego) è esploso. Il pane è venuto comunque bassetto, ma secondo me sono sulla buona strada. Tenterò un esperimento dando delle pieghe diverse.
Nel frattempo, qualcuno ha idee in merito?

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il punto della situazione

giovedì 9 giugno 2011 0 commenti
Sembra proprio che mi sia dimenticata delle 52 cose, e invece no: ero impegnata a godermi i risultati delle prime 6.
L'orto sul balcone mi stupisce ogni giorno di più (secondo me Astianatte di nascosto mi concima le piante): giusto ieri ho tagliato la mia prima insalata e per non farmi mancare niente ci ho aggiunto un paio di pomodorini, che sono minuscoli e saporitissimi. E però oggi la mia insalatina l'ho tradita con quella che mi è arrivata fresca fresca dalle verdure del mio orto. Non c'era solo quella: nella mia cesta di prova ho trovato anche due qualità di zucchine (quelle bianche che adoro e quelle più scure), uno zucchino, dei piselli dolcissimi e delle carotine. inutile che vi dica cosa c'era nel mio Monbento di oggi, vero? E invece ve lo dico lo stesso. C'erano le zucchine che questa mattina ho tagliato a rondelle oblique e grigliato per non più di 5 minuti per lato e erano una cosa mai vista. Sapevano di zucchina! Ma davvero! I piselli li ho sbollentati per 3 minuti, erano croccanti, ottimi. Mi son commossa anche un po'. Il signor Ferraris io non l'ho visto, ma Astianatte ha detto che è stato gentilissimo. Insomma, credo proprio che la mia avventura con loro non finirà qui. Sono curiosa di vedere cosa ci sarà nella prossima cassetta. Le verdure le ho accompagnare con del cous cous arrivato da Tibiona insieme a 15 chili di farine biologiche, che solo lì si trovano a quel prezzo, e con le quali ho fatto due pani giganti che sanno di rustico e che sono durati una settimana (e poi sono finiti) e tre pizze napoletane che hanno fatto felici gli ospiti. Memore dei consigli di Claudia sulla borsa della perfetta ambientalista, oggi sono andata da Decathlon e mi sono comprata una tazza da campeggio. Insieme alla mia mappa delle fontanelle di Milano (saggiamente plastificata), presa al Fuorisalone di quest'anno faremo faville. In attesa di imparare a cucire a macchina farò una pochette all'uncinetto per contenere entrambe. E poi mi godo ancora i risultati del digiuno: non ho più gli attacchi di fame compulsiva e mi sembra di riuscire a capire di cosa realmente ha bisogno. Il risultato è che ho quasi eliminato anche il pesce dalla mia dieta, anche se penso di concedermelo, di tanto in tanto, rigorosamente pescato nel Mediterraneo. Certo vivendo a Milano parto svantaggiata: io ancora mi ricordo un fritto di acciughe appena pescate sul lungomare di Viareggio. Ho messo da parte l'idea della dieta Kousmine e mi sto informando sulla bioterapia nutrizionale, una scelta che mi permetterebbe una vita sociale normale. Il pasto nudo è come sempre un ottimo spunto e un punto di partenza.
Che altro? Ah, sto leggendo un libro, si chiama I fratelli Karamazov. Pesa solo 150 grammi.

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# 6 - affitto un orto, anzi no: lo adotto!

martedì 24 maggio 2011 0 commenti
L'orto sul balcone cresce che è una meraviglia. Gli otto semi di fagiolo nano che ho piantato la scorsa settimana sono già alti una decina di centimetri, l'insalata sta definitivamente invadendo il balcone, i pomodori mi arrivano ad altezza vita, il mandarino è guarito e fiorisce, il mandorlo resta muto e senza fiori, ma pieno di foglioline tenerissime, la lavanda cresce a vista d'occhio, il rosmarino mi dà qualche pensiero e l'erba luigia prospera, bellissima e profumata.

Però, ecco, l'altro giorno ci pensavo e non è che quello che coltivo sul balcone diventerà mai la mia fonte di approvvigionamento verdure.
Così qualche giorno fa mi sono messa alla ricerca di una soluzione che mi permettesse di avere verdure biologiche senza dover aprire un secondo mutuo, ché il primo mi basta, grazie.
La mia idea iniziale era quella di affittare un orto, però poi (quasi subito) ho pensato che sono fuori casa 5 giorni a settimana 12 ore al giorno e non è che l'orto si possa coltivare solo nei weekend.
Così ho continuato a cercare, poco per la verità, mi sono fermata qui e ho scritto al signor Paolo (o era il signor Giovanni?), che è stato molto gentile e al quale presto farò un sacco di domande.
L'idea secondo me è geniale: Le verdure del mio orto dà la possibilità di adottare un orto (di varie dimensioni) e selezionarne la tipologia (annuale, estiva, invernale, mese di prova e cesto di prova). La soluzione annuale (quella che sceglierò) garantisce un massimo di 36 settimane di consegna. È possibile piantare fino a 40 tipi di verdura e, volendo, di aggiungere delle aiuole per piccoli frutti, erbe e sapori. Con un contributo aggiuntivo si possono ricevere le foto del proprio orto, dargli un nome, piantare uno spaventapasseri, utilizzare gli scarti per creare del compost. E poi posso andare a trovarlo nel weekend e quando sono in vacanza posso donare le verdure in beneficenza alla casa Ugi di Torino.
La coltivazione avviene senza prodotti chimici e OGM e con impianti di irrigazione a goccia (il che significa un risparmio significativo di acqua) e
le consegne avvengono con un furgoncino a metano, in sacchetti di carta riciclata.
Io non so gli altri, ma quando vedo iniziative così mi vien da pensare che forse le cose possano cambiare davvero.
Io per il momento mi sono fermata al cesto di prova, mi arriverà la prossima settimana, ma le pratiche di adozione sono già state inoltrate.
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ma cosa fai, digiuni? ma sei scema?

mercoledì 18 maggio 2011 1 commenti
Questa è stata più o meno la reazione che ho ottenuto dai pochi ai quali ho detto che per tre giorni non avrei mangiato nulla.
Ma nulla-nulla? Nulla-nulla.
Come sono andate le cose?
Il primo giorno era un venerdì e io lavoravo. Questo è stato un bene perché mi ha distratta dal pensare continuamente cazzo sto digiunando. Il primo momento veramente difficile è stato la sera, perché Astianatte, ovviamente, mangiava, e l'istinto di buttare all'aria i miei propositi si è fatto sentire prepotentemente. Invece mi son bevuta la mia tisana, muta e integerrima. Poi per non essere indotta in tentazione siamo andati al cinema. Fine del primo giorno.
Il secondo giorno mi son svegliata e stavo malissimo. Nausea, giramenti di testa, bocca felpatissima. Mi sono rimessa a letto e svegliata alle 10. Non mi succede mai, ero anche contenta. Il secondo risveglio è andato un po' meglio, ho bevuto il mio tisanone e dopo un po' anche gli ultimi residui di malessere sono passati. Anzi, stavo proprio bene. Sono uscita, ho camminato un paio d'ore a passo veloce, senza fatica, ho lavorato un po', fatto i mestieri, pulito il bagno. Il tutto senza stimolo della fame. Ma proprio zero.
E poi l'ERRORE. 
Nei libri della Kousmine la dottoressa concede di bere 200 cc di succhi a pasto. Io, fiduciosa e ignara, mi sono bevuta una spremuta d'arancia. Dopo un quarto d'ora ho iniziato ad avere dolori mostruosi allo stomaco, che mi sono passati dopo poco per poi ricomparire assassini nel cuore della notte accompagnati da sudori freddi, nausea. Sono quasi svenuta. Mi sono accucciata in terra, respiri profondi, dopo un po' stavo meglio, a parte il colorito da look total white. Sono tornata a letto dopo un paio d'ore, non avevo più sonno. Al mio risveglio stavo benissimo, a parte la solita felpa in bocca. Niente fame, niente dolori, capogiri. Niente. In compenso mi sentivo energica come poche altre volte, ho perfino preparato una torta e dei biscotti per Astianatte, il tutto ovviamente senza assaggiarli (e infatti c'era poco zucchero) e senza averne voglia e una pizza con il licoli che sembrava quasi una vera napoletana e della quale sono così orgogliosa che quasi quasi un giorno di questi posto la ricetta. E la sera ho rotto il digiuno con una mela di cui non avevo voglia: perché è vero quello che si legge in giro, il terzo giorno lo stimolo della fame passa completamente (mi è tornato solo oggi) e avrei potuto continuare altri tre giorni, se non fossi tornata al lavoro. 
Cos'è cambiato?
A parte i chili persi (3) che riprenderò appena ricomincerò a mangiare normalmente, in questi primi giorni post digiuno mi sono accorta di avere più consapevolezza di ciò di cui il mio corpo ha bisogno. 
Quindi fondamentalmente ho una gran voglia di frutta e verdura crude e poco altro. Mi sembra di capire quali sono le cose che mi fanno bene e quelle che mi fanno meno bene, anche perché il mio stomaco risponde di conseguenza: ieri un pezzo di pane mi ha fatto star male per un'ora. Quindi il passo successivo è rieducarmi a un'alimentazione sana e, se riesco, seguire il metodo Kousmine fino in fondo. 
Cosa si mangia dopo il digiuno?
I primi tre giorni fondamentalmente frutta e verdure crude, ma ieri sera ho ceduto a un passato di verdure e stamattina a un boccone di pane. Poi potrò reintrodurre il pesce e successivamente i latticini, per poi passare ai cereali integrali e alla dieta normale.
Il digiuno ha sfatato i pregiudizi sul digiuno?
Sì: è decisamente meno traumatico e meno complesso di quanto io pensassi. Non sono morta, non mi sono quasi mai sentita debole a parte al risveglio, quando già normalmente ho meno energie.
Lo rifarò?
Penso di sì.
Stavo addirittura pensando di istituire una giornata di digiuno ogni quindici giorni/un mese per lasciar riposare l'organismo. Astianatte si è detto interessato, ma io ci credo pochissimo.
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#4 – dopo di me, il digiuno!

venerdì 13 maggio 2011 2 commenti
Succede che uno va in Bulgaria e finisce che si accorge di quanto veleno ha ingurgitato nel corso della sua vita.
In Bulgaria si mangia carne, tantissima, principalmente sotto forma di spiedini e grigliate, poca verdura, quasi sempre fritta se si fa eccezione per le insalate, condite con olio di semi, pochissimo pesce, enormi quantità di feta. Non proprio l'alimentazione ideale, infatti Astianatte era felicissimo. Per dire che quando ho ordinato il pane della casa mi hanno portato un panino tagliato in due, tostato, cosparso di burro e erbe aromatiche. Che era buonissimo, peraltro, ne ho mangiato metà.
Questo per dire cosa? Mi son persa.
Ah, sì: ho fatto un po' i conti di quello che il mio corpo si è dovuto sopportare, talvolta felicemente incosciente, fino a ora:

- 34 anni di conservanti e cibi raffinati
- 32 anni di carne e salumi
- 15 anni di caffè 
- 15 anni di sigarette, che non si mangiano ma nemmeno fan bene
- 4 anni di pillola (idem come sopra)

Mi sono fermata qui ma sicuramente c'è altro che mi verrà in mente.
E così mi è venuto in mente di fare una cosa. Un anno fa mi ero appassionata al metodo Kousmine, un regime non solo alimentare che aiuta a migliorare la risposta del sistema immunitario, però non avevo mai avuto voglia di cominciare. Perché l'inizio prevede sei giorni di digiuno e altre cosette ancor meno piacevoli. Per chi volesse approfondire, oltre al sito, qui si trova una succulenta anteprima del libro di Sergio Chiesa. E però ora mi pare che il momento sia quello giusto: questo weekend Astianatte non c'è (quindi non dovrò cucinare per lui, il che implica dover maneggiare cibo che avrò voglia di addentare). 
E così ieri ho deciso e oggi è cominciato ufficialmente il mio digiuno, che romperò tra tre giorni, per poi iniziare gradualmente con il metodo.
Non mangio da 24 ore, ho bevuto molte tisane, mi sento leggermente debole, però per il momento non ho fame. 
Il passo successivo sarà contattare un medico kousmine per chiedere qualche consiglio pratico.
Vi terrò aggiornati su sviluppi ed eventuali fallimenti.

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#3 – l'insalata era nell'orto

giovedì 5 maggio 2011 2 commenti
Questo progetto delle 52 cose sta diventando sempre più divertente. Vediamo poi cosa succede quando smetto di comprare vestiti. In realtà questa idea dell'orto mi è venuta 4 settimane fa, ma il blog non c'era ancora e quindi ve la beccate adesso. È successo che io il balcone non l'ho mai avuto e ora che mi son trasferita e ho un robino di 2 metriquadri mi sembra di vivere in campagna. Il primo a fare la sua comparsa è stato il mandarino, che piaceva ad Astianatte. Lui sarebbe il padre putativo, ma in realtà chi lo innaffia e gli toglie i pidocchi e le formiche sono io. Poi è arrivato il rosmarino. Poi la salvia e i peperoncini che sono defunti. E allora per consolarmi mi son presa un mandorlo nano che è bellissimo ora, con tutte le sue foglioline verdissime. E poi è arrivata la primavera e mi son detta: ok, è il momento di piantare la verdura in questo mio enorme appezzamento. Così qualche settimana fa io e Astianatte siamo andati al vivaio per comprare terriccio, vasi, argilla, concime naturale e piantine. Ho versato l'argilla sul fondo dei vasi, ricoperto di terra, trapiantato le piantine senza schiacciare troppo. E poi mi son messa lì a guardarle orgogliosa. Così ora sul mio balconcino stazionano in pianta (ahah, son simpatica) stabile: il mandarino (che mi si è ammalato, povero, si è preso la cocciniglia e ora è convalescente), il mandorlo nano, una piantina di lavanda che devo ancora trapiantare e che dovrebbe aiutarmi a tener lontane le formiche, quattro piantine di pomodori alte come me, la pianta di rosmarino, 6 cespi di insalata esuberanti e fuori misura. Mi viene il dubbio di averli piantati tutti troppo vicini, ma non pensavo che si sviluppassero così tanto e così in fretta. L'altro dubbio è che prendano poca luce, perché il sole c'è solo di mattina, ma almeno così non c'è pericolo che brucino. Ora la mattina mi alzo, vado sul balcone e son contenta di vedere tutte quelle piante verdoline e tenere. Devo ancora capire se l'insalata va tagliata o estirpata, se i pomodori vivranno anche in inverno, che piante piantare quando arriveranno i primi freddi. Intanto sono soddisfatta così, non sono belline?
Se si guaarda MOLTO attentamente si vedono anche tre pomodorini (3)! Fuoricampo il mandarino e il mandorlo. 




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Il Dilemma

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Prima o poi metterò le foto del mio neonato orto sul balcone, che mi sta dando tante soddisfazioni, soprattutto i pomodori, son lunghi quasi come le mie gambe (ci vuol poco, bisogna dirlo, ma va ben). Insieme alle piante però è arrivata, in fila ben ordinata, una colonia di formiche. Educatissime, bisogna dirlo, hanno aspettato qualche giorno prima di entrare in cucina e in bagno, in camera ci lasciano la privacy. Ora, io ho un debole per le formiche. Astianatte no: il primo giorno l'ho trovato intento a schiacciarle con le dita. Carino, lui. Poi ha iniziato a ventilare l'ipotesi di comprare quelle trappole che le formiche prendono, si portano a casa e poi MUOIONO TUTTE. No, davvero, riuscite a immaginare una cosa peggiore? La piccola ecologista che è in me si è scatenata alla ricerca di consigli green per debellare le bestine senza spezzarne nemmeno un'antenna. Tra i consigli green, tra l'altro, ne ho trovato uno di una crudeltà atroce: lasciare tracce di farina di mais, che le poverine non digeriscono, così quando la mangiano poi MUOIONO TUTTE. Ecco, io per il momento mi sono limitata a lavare il pavimento con l'aceto e a spolverare i punti critici con il borotalco (oh, tra parentesi funziona, le puzzone non si avvicinano nemmeno), stuccare buchi, spargere chiodi di garofano. E però le stronzette han capito e si sono infilate nella ventola del bagno dove, per ovvie ragioni, il borotalco non ce lo metto. Sono intelligenti, bisogna dirlo. Ora aspetto la loro prossima mossa oppure che  a qualcuno di voi venga un'idea brillantissima.

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#2- I libri no, io non li compro più!

giovedì 28 aprile 2011 4 commenti
Io c'è una cosa che faccio quasi sempre quando esco di casa, mi dimentico di prendere il libro che sto leggendo. E poi c'è un'altra cosa che faccio molto spesso, e è una conseguenza, quando arrivo in stazione, ché in Garibaldi c'è questa Feltrinelli Express che è aperta dalle 7, ci entro e compro un libro, così almeno al ritorno ce l'ho. E così capita molto spesso che mi ritrovo a leggere delle cacate pazzesche e poi mi chiedo ma perché l'ho presa questa cacata, son scema?
Non l'ho letta la quarta di copertina? Oppure succede che mi sembra di non aver niente da leggere e allora via, su Amazon ci son gli sconti, prendiamo tutto. Però lì di solito mi informo prima, è difficile che mi arrivi qualcosa di veramente brutto. Oh, insomma, la faccio breve. L'altro giorno pensavo, devo smettere di comprare libri, è poco ecologico, ne ho veramente troppi, non so già più dove metterli e son solo sei mesi che sto qui, tra due anni cosa succede? E tra dieci? E sono andata avanti così per un po'. Però, ho pensato, non voglio mica smettere di leggere. Va bene che ci son le biblioteche e però se poi mi voglio rileggere una cosa che mi è piaciuta e il libro l'ho restituito? Come si fa? E il mio senso del possesso? Come si fa? C'è il bookcrossing, però non è che si trovino queste perle della letteratura. Stamattina in un impeto  mi sono iscritta qui, però nel catalogo italiano ci sono delle cacate, ma delle cacate che neanche alla stazione di Garibaldi. Poi insomma, ve la faccio breve, ho pensato che ci son gli ebook. Non occupano spazio, costano meno delle edizioni cartacee, sono ecologici. Certo, vuoi mettere il profumo della carta, la sensazione tattile dello sfogliare le pagine, non ci son paragoni. Però ci sono anche i classici gratis, poi potrei portarmi in borsa una biblioteca intera e non pentirmi troppo se ho comprato una cacata, tanto ne ho altre 999 da leggere. E insomma, ci ho pensato un po' su. Che se uno due anni fa mi avesse detto che mi sarei comprata un lettore ebook gli avrei detto ma sei scemo?
E infatti non me lo sono comprato: me lo prestano i signori di Simplicissimus per un anno, per supportarmi nel progetto delle 52 cose e perché son gentili. A me i signori di Simplicissimus, li seguo da un po', stan simpatici anche se fanno gli ebook, perché secondo me ci mettono la stessa cura che se li facessero di carta, i libri. E devo dire che a parte il fatto che è rosa, il mio lettore ebook mi sta simpatico anche lui. La prima cosa che mi son presa, era gratis, è l'Orlando Furioso, che l'inizio lo so a memoria e è di un bello, come poche altre cose, e mi son messa a leggerlo sul treno, sul mio lettore ebook rosa e dopo un po' mi sono dimenticata che non leggevo un libro di carta, ma un libro digitale su un lettore rosa e mi son detta guarda un po', non è mica male, tutti questi preconcetti e invece vedi? È comodo sul treno, è piccolo, è leggerissimo, posso voltare le pagine senza staccare la mano dall'apposito sostegno. Poi mi son comprata i due libri delle edizioni Sugaman, quello con i discorsi del Nori e il romanzo sul cappotto, non quello di Gogol, un altro,  di
Adrián N. Bravi e mi son piaciuti tutti e due, insomma, va a finire che così compro più libri, ma mica li posso perdere tutti insieme i vizi. 

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Pastiera - Enhanced version

venerdì 22 aprile 2011 1 commenti
A grande richiesta, la ricetta della pastiera veganissima è questa qui:


per la frolla 

60 g di tofu
 la scorza di mezzo limone grattugiato
un pizzico di sale
100 g di zucchero
160 g di farina
100 g farina di riso
30 g farina di mandorle
100 g di olio leggero

per il ripieno
80 g tofu
100 ml latte
una scatola grano cotto
100 g zucchero
80 g frutta secca (io ho usato fichi e albicocche)
la scorza di mezzo limone grattugiato
acqua di fiori d'arancio (un quarto circa della confezione)

1 cucchiaino di agar-agar (facoltativo, se non ce l'avete secondo me potete tranquillamente mettete due cucchiaini di maizena e non se ne accorge nessuno

Allora, per prima cosa si prepara la pasta frolla con l'olio.
Il procedimento che ho seguito ricalca in buona parte il suo, se non che in proporzione c'è un po' meno olio e ho omesso le uova.
Per prima cosa, quindi, si prepara una specie di maionese con il tofu. Il procedimento serve per rendere la consistenza dell'olio simile a quella del burro. Per le spiegazioni vi rimando al link sopra che spiega tutto molto meglio di quanto potrei fare io.
Nel boccale del frullatore a immersione versate il tofu e l'acqua e iniziate a montare. A questo punto si inizia a versare l'olio a filo, MOLTO lentamente perché altrimenti impazzisce, proprio come una maionese vera. Quando il composto inizia a diventare sodo e assume l'aspetto di una maionese allora è pronta, lo potete mettere in frigorifero e lasciarcelo fino al momento di usarlo. Nel frattempo frullate le mandorle e riducetele in polvere, setacciate le due farine, aggiungete le mandorle, lo zucchero la scorza grattugiata di un limone (facoltativo ma consigliato) e il pizzico di sale. A questo punto versate sul composto la maionese ben fredda e iniziate a intridere la farina. Lavorate velocemente, il composto non deve scaldarsi troppo. Quando la consistenza è briciolosa prendete una spatola (o un grosso coltello da verdure, nel mio caso) e iniziate a compattare il tutto, sollevando e schiacciando dall'esterno verso l'interno. Eventualmente aggiungete un paio di cucchiai d'acqua, ma non troppa. Formate una palla, schiacciatela senza impastarla, ché altrimenti si scalda, prendetela a mattarellate fino a ottenere un disco piatto. Ora potete usare il mattarello per la sua funzione canonica, che sarebbe quella di stendere la pasta a 5 mm di spessore (io qui l'ho fatto mettendo l'impasto tra due fogli di carta forno). A questo punto potete mettere il tutto in una tortiera di 25/26 cm di diametro rivestita di carta forno (se avete fatto come me ovviamente riciclerete quella che avete appena usato). Ritagliate gli eccessi, raccoglieteli in una palletta, tirate nuovamente una sfoglia (vi servirà per le strisce) e mettete tutto in frigorifero. Scaldate il forno a 180°. Nel frattempo prendete il grano cotto e fatelo cuocere per un quarto d'ora circa con il latte di soia e l'acqua di fiori d'arancio. A parte mischiate molto bene il tofu con la futta secca tagliata a dadini, lo zucchero, la scorza di limone un cucchiaio di maizena. Quando il grano è pronto aggiungete un cucchiaino di agar agar, mischiate molto bene e amalgamate il tutto al composto di tofu e frutta secca. A questo punto il forno sarà ben caldo e potete metterci la base della pastiera per non più di 10 minuti. Bucherellatela, mi raccomando, o vi ritrovate una bolla di pasta frolla. Eventualmente, se li avete, mettete sul fondo dei fagioli secchi. Io non li avevo.
Passati i 10 minuti versate il grano nella tortiera, rivestite con delle strisce di frolla e infornate per una quarantina di minuti.
La tradizione vuole (l'ho scoperto qualche giorno, io mica l'avevo mai mangiata la pastiera) che la pastiera si mangi dopo tre giorni. Noi ovviamente abbiamo assaggiato la precedente versione e ci è piaciuta anche dopo 12 ore.

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#1 – dacci oggi il nostro (mon)bento quotidiano

giovedì 21 aprile 2011 3 commenti
Quando ho deciso di aprire questo blog c'è stata una cosa che mi sono ripromessa da fare, e è la prima delle 52 cose e arriva in anticipo di qualche giorno, ché tanto delle date simboliche non è che ci freghi qualcosa per davvero. Dunque, la prima delle 52 cose è dedicare del tempo a preparare la schiscetta quotidiana. Non è che io sia una di quelle che esce in pausa pranzo tutti i giorni, anzi, però tra una cosa e l'altra sono settimane che non mi preparo un pasto da ufficio decente. Una delle scuse motivazioni più quotate (dopo "non ho tempo") è "non ho il contenitore giusto". I tupperware li ho, ma sono troppo piccoli o troppo grandi, da portare in giro sono scomodi, e così mi sono detta: mi servirebbe un bento, perché io mica rinuncio a essere cool. Ne avevo già un paio presi in Giappone, ma vogliamo parlare delle dimensioni ridicole dei bento giapponesi? E così ho iniziato a informarmi in rete e l'ho trovato. L'oggetto del desiderio si chiama monbento.
Minimale e compatto, proprio come lo volevo io. Però prima di comprarne 10.739 (come in effetti vorrei fare) ho indossato la mia miglior faccia di bronzo, ho scritto una mail ai signori monbento, ho spiegato il mio progetto, ho chiesto se erano interessati e se potevo testare il prodotto. Poche ore dopo mi ha risposto Arnaud, è stato gentilissimo e, forse contagiato dal mio entusiasmo, ha fatto un piccolo strappo alla regola. Così ieri entro in casa e trovo LUI (no, non è entrato da solo, l'ha portato il postino). 


l'amore
È stato subito amore.
Le dimensioni per cominciare. Le dimensioni, signore mie, sono esattamente quelle giuste: non è troppo grande, non è troppo piccolo, è perfetto per gli spostamenti e preciso preciso nella borsina frigo che porto in ufficio. Ha l'aria resistente e la superficie ha questa texture gommosina che a me piace tanto, e infatti continuo a fargli le moine. Poi se voglio riempirlo tantissimo c'è l'elastico che lo tiene chiuso contro la sua volontà. Cioè, voglio dire: è proprio bello e io ne voglio ancora, e ancora e ancora!
Cosa ci ho messo dentro oggi?


l'amore VERO

Al piano di sopra patate americane al forno, al piano di sotto riso basmati cotto à la japonaise e delle polpettine che ho fatto così:

ingredienti per UNA persona
60 g di farina di ceci
100 g di silk tofu
pangrattato qb (io lo aromatizzo con il rosmarino)
15 g di fiocchi di patate bio
spezie varie (aglio in polvere, zenzero, peperoncino tritato, senape in grani)
brodo caldo (pochissimo ma molto concentrato) o anche acqua calda, però in questo caso bisogna aggiungere un po' di sale

Il procedimento è a prova di scemo: si mischiano gli ingredienti secchi, si aggiunge il tofu e si impasta brevemente, poi si aggiunge il brodo pochissimo alla volta, fino ad avere la consistenza... dell'impasto per le polpette. Le ho cotte in pochissimo olio e via. Sono venute undici polpettine piccole, le altre cinque le ho mangiate ieri e una l'ho data ad Astianatte. Il tofu è fondamentale perché funziona da legante, infatti io lo uso nelle torte al posto delle uova e finalmente non mi si sbriciolano più.

Ora son curiosa di sapere cosa c'è nel vostro bento!

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il licoli, il fratello buono della pasta madre

mercoledì 20 aprile 2011 2 commenti
Da quando mi sono trasferita e vivo con Astianatte il pane l'ho comprato solo una volta, quando imbiancavamo. E prima lo facevo con il lievito di birra e poi è arrivata la pasta madre. La pasta madre io l'ho fatta nascere che saranno sei mesi ormai, e quando ho visto le prime bolle nell'impasto di acqua farina miele mi son sentita come se avessi messo al mondo una figliola.
Subito, passata una settimana, l'ho usata per fare i grissini, che non si dovrebbe fare, perché il lievito madre si sa che ci mette un paio di mesi a ingranare e a fare le cose per bene. E però i grissini eran venuti proprio buoni, ero ottimista. Dopo un po' l'ottimismo mi è passato, perché il pane, quando lo facevo con il lievito madre, si spatasciava tutto in giro e se non lo costringevo io mi venivano fuori delle focacce, non quei bei pani belli gonfi che si vedono nelle foto degli altri. E poi via, lo ammetto: sapeva di acido. Che un po' passi, però a volte mi veniva una roba proprio immangiabile. E poi un giorno leggevo questo blog e si parlava di lievito madre, sì, però liquido. E da quello che ho letto in giro pareva che questo lievito liquido fosse una specie di fratello gemello dell'altro, ma più bello, intelligente e buono. Mi son detta no, non lo faccio, figurati se mi metto in ballo con questo, che ho già l'altro che è impegnativo. No, non lo faccio, poi mi si riempie il frigorifero di barattoli e Astianatte mi manda via di casa. No, non lo faccio, la mia pasta madre non la tradirò MAI. E infatti la scorsa settimana l'ho buttata, perché da un mese al suo posto c'è il lievito madre in coltura liquida, che gli amici più simpa chiamano licoli. Cosa fa questo licoli? Fa tutto quello che faceva la mamma acida, però lo fa prima, meglio e camminando all'indietro.
Per la genesi ho seguito fedelmente le istruzioni di izn e siccome lavoro e i rinfreschi andavano fatti ogni otto ore ha collaborato Astianatte. Alla fine del procedimento mi sono ritrovata con circa 300 g di licoli ruspante e pronto per panificare.
Ora quando voglio fare il pane, solitamente domenica, faccio così.
Il sabato sera rinfresco.
Come si fa a rinfrescare? Anche in questo caso il Licoli si rivela più versatile e meno esigente della pasta madre solida (che non ha neanche un nickname, lo vedete che è poco amichevole?). Si prende la quantità che si vuole, si scioglie in una ciotola con pari peso di acqua e si aggiunge pari peso di farina, si sbatte bene con le fruste o la forchetta o il cucchiaio, l'importante è che incameriate molta aria. Per capire se l'avere fatto bene dovrete vedere qualche bolla sulla superficie.
Quindi, il sabato sera, dicevo, prendo circa 30 g di licoli dal ciotolone, lo sciolgo in 30 g di acqua, aggiungo 30 g di farina. Lo lascio in forno con la luce accesa tutta la notte, la mattina lo prendo, se tutto è andato bene è bello spumoso e lo rinfresco di nuovo con pari peso di acqua e farina. (fanno 90 grammi, no?). Lascio fermentare qualche ora, a questo punto ne bastano 4, sempre con la lucetta accesa e nel forno chiuso e a quel punto sono pronta: prendo 200 g di licoli (il resto lo uso per fare una pizza, oppure lo ributto nel calderone insieme a quello che non ho rinfrescato) lo sciolgo in 160 g di acqua, aggiungo un cucchiaio di malto, 400 g di farina, 4 cucchiai di olio (facoltativi) e, se voglio che resti morbidissimo, una patata schiacciata e un cucchiaio di latte. Impasto una decina di minuti, lascio riposare una mezz'ora e aggiungo il sale. Impasto altri 5 minuti e via, in forno, sempre con la lucetta accesa, a lievitare per 4 ore. Per tre volte, ogni 50 minuti, gli do un giro di pieghe. L'ultima volta faccio qualche taglio e aspetto che il signorino sia ben lievitato. Vuol dire che quando premo il dito l'impasto risale molto lentamente.
Scaldo il forno a 250° con un pentolino d'acqua, inforno, dopo una decina di minuti abbasso a 200° e tolgo il pentolino, e dopo 10 minuti a 180°. Dopo mezz'ora tolgo la teglia e metto il pagnottone direttamente sulla griglia, così si cuoce bene anche sotto. È cotto quando busso sul fondo e suona vuoto.
Un pane così in casa mia, siamo solo io e Astianatte, dura una settimana. Gli ultimi giorni inizia a essere duretto, ma lo tosto e è ancora buono.
E il licoli che non ho rinfrescato? Può rimanere in frigorifero anche un mese (forse perfino di più), anche se io solitamente ogni 20 giorni do una rinfrescata generale.

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come ti veganizzo la pastiera

martedì 19 aprile 2011 2 commenti
Io non ho mica mai festeggiato la pasqua, lo scrivo anche minuscolo così, con noncuranza. Fino a 2 anni fa era un'ottima occasione per mangiare l'agnello, poi da un paio d'anni la carne non la mangio più, dopo che ho letto un articolo: diceva che la carne è complessa da digerire e quella che non viene digerita rimane lì a decomporsi nelle anse intestinali e ci vuol poco a capire che non è una cosa che ci fa bene al corpo, avere degli organismi che ci si decompongono. E allora ho smesso, mangio il pesce sì, la carne no. E poi come conseguenza c'è che faccio molta più attenzione a tutto quello che cucino, tipo che le uova le uso pochissimo, il burro pure, molte ricette poi le veganizzo perché così son più facili da assimilare e meno nocive. Questa cosa ha attirato la curiosità della mia nonna, che continua a pensare che il pollo e il salame non siano carne e me li offre con tale innocenza che sarei quasi tentata di accettarli, non fosse che poi muoio.
Questa pasqua però la passo forse con Astianatte e la sua famiglia, e è la prima volta e ci saranno i suoi parenti, insomma, è una specie di occasione formale, anche se non proprio formalissima, e io vorrei fare come dolce la pastiera, però vegana, perché già è una bomba calorica, poi la ricetta originale prevede tipo MILLE uova. 
E allora ieri sono andata a comprare tutti gli ingredienti e ho fatto una prova a casa, prima, perché non voglio arrivar là e poi la pastiera è una merda immangiabile. È venuta così.




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il nemico è alla porta

lunedì 18 aprile 2011 0 commenti
Sono a letto, le 6.15, la sveglia è già suonata, però la punto sempre un po' prima, così resto sotto al piumone, mi abituo a esser sveglia, mi costruisco tutta la giornata.

Cinque minuti mi servono per decidere come mi vestirò, dopo penso a cosa prepararmi per pranzo,  dopo faccio un elenco delle priorità in ufficio, dopo mi alzo e son già stanca, tornerei a letto.
Mezz'ora fa ho chiamato a casa, il mio compagno, che per comodità chiamaremo Astianatte, stava rovesciando la pummarola fresca di frigo direttamente sulla pasta.
Perché è un tipo semplice, Astianatte, che passa con disinvoltura dalle scatolette di tonno al naturale alle scatolette di tonno con fantasie di verdure, dal pesto UNES al ragu pronto STAR, dalla pizza al tozzo di formaggio muffito trovato casualmente in frigorifero. Gli ho detto, guarda che un giorno torno a casa e ti trovo morto, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore torno e ti sei trasformato in Jabba the Hutt.
Ogni tanto sono ottimista e spero che impari per osmosi. Se ogni giorno mi vede affettare, tritare, impastare, infornare, spadellare, impiattare qualcosa imparerà pure, no? No. E allora una delle 52 cose è insegnare a cucinare ad Astianatte, così poi magari mi torna anche utile.


E niente, io stamattina alle 6.30 pensavo tutte queste cose e mi son detta, magari ci scrivo un post. Però siccome sono scema è venuto un post bruttino.
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housework rules!

venerdì 15 aprile 2011 1 commenti

No, vi spiego: non so bene da dove iniziare. La mia idea era quella di inaugurare il blog con le pulizie di Pasqua eco-friendly eco-chic. Ma un dubbio mi attanaglia: cosa ne me faccio dei prodotti da rozzo bifolco che ho comprato qualche mese fa?
È più ecologico usarli (ci sono e da qualche parte in un modo o nell'altro devono finire, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, anche la candeggina) o dimenticarmeli e munirmi di quei quattro o cinque ingredienti commestibili, superecologici, a detta di tutti miracolosi? Sì, perché per pulire la casa non servono i prodotti chimici che inquinano e fanno male alle candide manine di noi pulzelle. Due o tre prodotti, olio di gomito e via. Le avrete viste le casalinghe anni 50: vitini da vespa, sorrisi smaglianti, e sotto i golfini color pastello due bicipiti così. Roba che potevano sollevare un frigorifero con un mignolo.
Tra l'altro, se posso già iniziare a distribuire consigli non richiesti, l'aceto. Mio dio, l'aceto. Non sapete che meraviglioso portento avete in casa. L'aceto pulisce, disinfetta, non lascia aloni, sgrassa, elimina il calcare, lucida. Io ho iniziato a usarlo in lavatrice dopo aver scoperto che l'effetto ammorbidente dell'ammorbidente è superficiale. La dura realtà è che esso –l'ammorbidente– crea una pellicola che si appiccica alle fibre e con il passare del tempo le indurisce. Se non l'avete capito, questo è l'esatto contrario di quello che dovrebbe fare. Al contrario il prodigioso aceto ha un'azione molto più profonda e addolcente. Mettetene 4/5 cucchiai nella vaschetta e vi passa la paura. Non lascia odore, non inquina e – miracolo!– funziona. Davvero. Dovete solo lasciargli il tempo di fare il suo mestiere come si deve e dopo qualche lavaggio, quando tutti i residui di ammorbidente saranno scomparsi, noterete la differenza.
Il problema, come dicevo, meglio, i problemi sono quel litro di candeggina usato solo una volta, la confezione di detersivo per i pavimenti giallo bile, l'anticalcare, quella specie di bomba a mano che distrugge le mucose. Buttarli no, lo spreco non è elegante. Che faccio, li regalo alla zia? Alla nonna? Alla mamma? O li finisco? Tra l'altro vista la frequenza con la quale io lavo i pavimenti un litro di detergente potrebbe durarmi fino al prossimo trasloco.
Poi mi è venuta un'idea (un'altra, sono praticamente una fucina): dedicare i miei sforzi di desperate houswife ecologista a una stanza a settimana.
Nel frattempo mi sono procurata per la modica cifra di 30 euro una macchina per cucire anni '70 perfettamente funzionante. E no, non so cucire. Non ancora. Da qualche parte bisogna pur cominciare, no?

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chi sono

giovedì 14 aprile 2011 1 commenti
Lo spunto me l'hanno dato lei, la donna che per un anno vivrà nel modo più sostenibile possibile, e lui, l'uomo che ci insegna che ci si può liberare di tutte (o quasi, via, mica siam monaci) le cose superflue e – ehi! – vivere meglio.


Investita dal vortice del riciclo creativo, ho preso le loro idee, le ho copiate rielaborate e ho pensato che sì, perché no, proviamoci. Sai mai che divento famosa e mi invitano alle feste cool.
E così ecco cosa succede qui. Una volta alla settimana, per un anno, mi libererò di un oggetto inutile, cambierò un'abitudine, farò qualcosa di concreto per migliorare la mia vita, pesare meno sull'ambiente, cambiare la percezione che ho di me. Vi sembra poco? Sono le 52 cose che cambierò di me in un anno, a cominciare dal 25 aprile (sarà mica una data simbolica?). Sul mio taccuino ne ho già annotate 15, ma mica ve le dico ora, ché altrimenti vi rovino al sorpresa.

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